Davide Danesi è nato a Volta Mantovana(Mn) nel ’73, ma vive e lavora a Goito(Mn).
Fin da giovane ha dimostrato una forte predisposizione per l’arte ed in particolare per la pittura.
Ha conseguito il diploma di Maestro d’Arte all’Istituto Statale d’Arte di Guidizzolo(Mn)-dove ha imparato a padroneggiare le varie tecniche grazie a Maestri come Cermaria,Filippini,Bertagna e Bassoli- e ha frequentato il DAMS di Bologna.

L’opera di Danesi si è sviluppata negli anni con continue variazioni formali e concettuali, fino ad arrivare all’elaborazione di un linguaggio scevro da ogni lirismo fantastico e saldamente collegato alla scienza, intesa come geometria pura,sviluppando una pittura che propone forme geometriche, colori netti, linee e punti matematicamente organizzati e tuttavia dotati di un dinamismo intrinseco che li sottopone a un perenne divenire, composizioni nelle quali la terza dimensione è rappresentata dal movimento.
Un progetto estetico teso a superare la bidimensionalità del quadro, progetto che fa capo ad una concezione forte dell’Arte, intesa come sintesi fra rigore razionale e potente impatto sensoriale , e ne ha accentuato progressivamente gli aspetti tridimensionali, in ossequio alla sua poetica dell'Arte come tensione continua fra pensiero e realtà fisica, in un gioco fra sensibilità ed astrazione, organico e geometrico.
Il patterning lineare di Danesi lo ha portato a disegnare soggetti caratterizzati da un forte senso del movimento, costringendo  lo sguardo a entrare nelle dinamiche dell’opera, impastandosi con essa e diventandone parte, come risulta evidente nella  serie “raziocromatico”:lavori  costituiti da grandi volumi geometrici, da unità elementari primarie, monolitiche, con forme cubiche, rettangolari e simili, da elementi organizzati in strutture aperte e sequenze seriali,caratterizzati da un innato senso del movimento, una concezione figurativa che affonda le radici in una tradizione il cui tratto peculiare è la sempre maggiore aggressività nei confronti dell’occhio dell’osservatore.

Attraverso l’allineamento dei cromatismi,ossia l'uso di forme incrociate perpendicolarmente di colore dalla più chiara alla più scura, Danesi rende l’impressione che ci siano pezzi a incastro che vengono resi chiari o scuri a seconda della luce su di essi proiettata, i colori vibrano e le immagini geometriche sembrano gonfiarsi in avanti dal loro terreno di superficie.
Pur essendo immagini statiche ,infatti, i suoi lavori hanno una connotazione innegabilmente dinamica, ci si sente comunque attirati all'interno delle sue immagini e tutto ci sembra fare parte di un universo ottico in continuo divenire:  un’ esplorazione dello spazio e delle sue relazioni, da un lato con la superficie e l’incidenza della luce e dall’altro con il volume come somma di massa e forma e il suo assorbimento della luce .
Negli anni, all’interno di un percorso sempre nuovo anche se coerente , la sua produzione artistica si è fatta via via piu’ intensa e costante ,attraverso la ricerca di un antidoto all’aridità esistenziale dei nostri tempi , e ha indirizzato il suo  sguardo creativo e la sua abilità tecnica  verso la sdrammatizzazione della pesantezza e della vacuità esistenziali, al seguito delle idee di Josef Albers,  esponente di quel celebre movimento di idee che fu la Bauhaus,e della sua teoria in cui sosteneva che l'"attuale" (ciò che l'opera è) era diverso dal "fattuale" (ciò che l'opera ci vuole comunicare, la reazione che il nostro cervello sviluppa dopo l'esposizione visiva).
Linea e colore formano il tempo  e lo spazio. L'esterno è interiorizzato e questo costante movimento richiama l'ambiente di superficie nelle sue profondità senza tempo.
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Il rigore della ricerca della luce che opera  (sì da esaltare e scolpire la modulazione geometrica del colore in tutte le sue possibili espressioni d’ombra e luce) sembra imporre all’artista l’impossibilità, o per meglio dire la volontà, di non tradurre descrittivamente l’idea in immagine, operando ed infliggendo altresì una precisione chirurgica, direi quasi “fredda”, alle “ coltellate” con cui definisce lo spaziotempo nelle sue tele.
Danesi ha cercato di reindirizzare l'arte ad un rapporto con la sua origine, la quotidianità: l'immagine non rappresenta, ma facilita, non riflette, ma apre le porte a mondi diversi.
L’Artista accompagna sempre la creazione con il pensiero, il ragionamento sull’opera.
La "programmazione" dell’opera dev’essere totale e controllata, non è più un’arte basata sul gesto, sulla materia, sul bisogno di espressione dell’Io. L’opera viene invece considerata dall’Artista come un processo razionale, da controllare e da comunicare con scrupolosità, in maniera geometrica ed essenziale. L’opera deve stimolare la percezione visiva, renderla attiva.
Ma non c’è soltanto questo. Credo che la ragione per cui la sua produzione sia così attuale è proprio il fatto che in ogni opera riesce a riaccendere la folgorante e poetica ambiguità, nata dal confine, mai uguale, tra la razionalità e l’impalpabilità. Noi vediamo, conosciamo, siamo allertati, lettori attenti e consapevoli, ma qualcosa rimane sempre segreto, sommerso.
Ciononostante, non c'è alcuna recondita intenzione psicologica, non serve alcun commento, non c'è alcun simbolismo da decifrare, non c'è bisogno di alcun background culturale per capire; ognuno può trovare un suo significato, tutti possono comprendere,  basta abbandonarsi all’inganno visivo e lasciarsi guidare dall’illusione entro uno spazio magico, puramente ottico, in cui la ricezione dell’immagine si trasforma in atto mentale attivo e creativo.

 


                                                                                             Matteo Lui
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